Quando sono a casa, un salto dalla mia vicina di casa novantacinquenne lo faccio. Una nonna sprint e in gran forma per la sua età. Oggi, aiutandosi con il segno adeguato mi dice “Emanuela ti faccio un caffè” . Non aspetta neanche che le risponda che già sta preparando la macchinetta. Probabilmente sta anche parlando, dicendomi qualcosa che io non sento e non posso leggere sulle sue labbra perché mi volta le spalle.
Sa che sono sorda e ma quando è presa dalle sue cose, tralascia i particolari, se lo scorda. Anche oggi mi ripete che è diventata sorda anche lei come me e che devo insegnarle la lingua dei segni, così almeno il telegiornale in lingua dei segni lo può seguire. “Certo, dura solo 5 minuti ma “piutost che nient l’è mej piutost“, tradotto in italiano, ” piuttosto che niente è meglio piuttosto”. A volte è meglio accontentarsi di quello che ci viene dato perché è sempre meglio che l’ avere niente.
Non condivido pienamente quello che dice ma non ne parlo con lei. E’ una donna d’altri tempi che ha vissuto la guerra e gli stenti che ha portato. Posso capirla. “Ieri è venuta a trovarmi mia figlia e le ho preparato un roastbeef. Te ne abbiamo conservato una porzione. ” Sapeva che oggi non sarei andata dai miei a pranzo, “Almeno mangi qualcosa che non sia contenuta in una scatola, già pronta e che devi soltanto scaldare”.
“Hai una moka?”
Arrossisco e non dico nulla .
Ho una Nespresso.